“Kallidoro la ninfa” è un racconto che intreccia la magia della mitologia con le reali preoccupazioni ambientali del nostro tempo. Ambientato nella pittoresca valle della Dora Riparia, il libro segue la storia di Kallidoro, una ninfa che ama profondamente la natura e soffre per i danni che l’uomo infligge all’ambiente. Attraverso la sua storia, Vasco Merciadri esplora il delicato equilibrio tra uomo e natura, invitando i lettori a riflettere sull’importanza della tutela del nostro pianeta.
Era una ninfa dei prati, che sono meglio conosciute come Anthuse.
Viveva nella valle della Dora Riparia.
Grande amante della natura, come del resto tutte le ninfe, era triste per i danni che l’essere umano aveva cominciato a fare ovunque, anche in Val di Susa.
Soprattutto non concepiva che l’uomo potesse nutrirsi dei suoi fratelli animali.
Lei giocava sempre con cerbiatti, scoiattoli e marmotte.
La sua visione dell’intero universo era concepita come un’onda d’amore che tutto pervade e tutto contiene.
No, era divenuta triste vedendo la ferocia e la mancanza d’amore dell’uomo che lo portava a distruggere tutto.
Il suo ambiente, la stessa sopravvivenza del mondo delle ninfe era in pericolo!
Non voleva nemmeno più vedere le altre ninfe sue sorelle per la tristezza e l’impotenza che la pervadevano!
Quello che stava accadendo, con deforestazioni, uso di pesticidi, inquinamento ambientale e peggio di tutto l’assoluta mancanza di rispetto della vita le dava un senso di impotenza e di rabbia. Parlava con le sue compagne, ma non la capivano, esse non si preoccupavano di niente.
Oyser, il dio del fiume, si rese conto della situazione e la convocò.
“Grande Padre di tutti noi, sono triste per ciò che accade! Vorrei fare qualcosa!”
“Purtroppo gli uomini non sono consapevoli e stanno distruggendo il loro ed il nostro mondo. E tu, piccola Kallidoro rassegnati. Non puoi fare niente!”
“Padre, sei proprio sicuro che non posso fare niente? Voglio cambiare il mondo a costo anche della mia vita!”
“No, non puoi fare niente. C’è solo un modo, rischiosissimo, per provare a cambiare le cose. Ma è quasi impossibile. Torna nei prati con le tue sorelle e dimenticati di questa storia!”
“Voglio provare a qualsiasi costo!”
“Se proprio vuoi…ma perderai la tua immortalità e il tuo resterà comunque un tentativo con poche speranze di successo!”
“Sono pronta! Cosa devo fare?”
“Ti devi incarnare come Essere umano, come una ragazza. E dovrai subire umiliazioni e angherie ancora peggiori di quelle che subiscono molte donne.
Malattie, tradimenti, problemi economici, emarginazione saranno i tuoi compagni di viaggio. E non potrai contare su nessuno di noi. Anzi, dimenticherai pure la tua natura divina di ninfa!”
“Costi quello che costi, è un’esperienza che devo e voglio fare!”
“Va bene, te lo concedo, ma te ne pentirai. Il mondo degli uomini è ancora peggiore di quello che tu pensi e negli anni a venire sarà terribile. Soprattutto per te!
Comunque ti do la mia benedizione e ti auguro ogni bene, piccola ninfa testarda ma idealista e coraggiosa!”
Dopo nove mesi Kallidoro nacque in una famiglia umana. Aveva trovato alloggio, si fa per dire, in un utero già occupato da un bambino che sarebbe poi divenuto suo fratello.
Nacque come bambina dalla pelle molto chiara, del colore del tronco di betulla e con i capelli biondi come grano maturo.
Gli occhi azzurri e profondi, forse un po’ tristi, che ricordavano i “Non ti scordar di me”.
E quella era stata l’unica richiesta fatta dalle altre ninfe al grande padre Oyser, perché questo colore portasse a qualche reminiscenza nella bambina della sua origine di ninfa.
Dopo essere nata in una famiglia di persone sensibili e aperte alla consapevolezza, cosa in effetti molto rara nel mondo odierno, fu battezzata Paula.
Paula in latino rappresenta qualcosa di umile, di semplice, di poco conto.
E questo era il nome che piaceva proprio a Kallidoro. Essere tra gli ultimi Esseri umani e così aiutarli a risollevarsi dalla miseria, dall’ignoranza e dalla ferocia.
Paula cresceva e studiava con diligenza.
Era una bambina dal cuore d’oro e amava moltissimo gli animali.
I suoi genitori erano felici di lei e dicevano che era la figlia ideale.
Pregava molto e diceva, già da piccola, con la saggezza dell’infanzia che discende dalle precedenti esperienze di vita, che Dio può essere riconosciuto e adorato sotto molte forme e da tutte le religioni, purché con rispetto verso gli altri.
I compagni di classe però non la rispettavano e si facevano beffe di lei per la sua bontà e candore. Non pensava e non diceva mai male di nessuno, anzi era sempre pronta ad aiutare gli amici in difficoltà.
I suoi migliori amici restavano comunque gli animaletti del bosco, dove si recava ogni volta che aveva tempo, e i gatti di casa e di tutto il vicinato.
Divenne una ragazza molto carina e dopo il liceo si iscrisse a psicologia, per poter aiutare chiunque fosse in difficoltà.
Sempre pronta e disponibile per tutti. Ma tutti si approfittavano di lei per la sua mancanza di cattiveria e della sua bontà.
Lei si crucciava per non riuscire a raggiungere un equilibrio economico e per non avere realizzato una famiglia. Soprattutto per il fatto di non avere figli. Ma non si ricordava più le parole del Dio Oyser quando si era incarnata: Le prove più dure sarebbero state per lei!
Nel frattempo era divenuta vegana e lavorava assiduamente al servizio degli altri come psicologa e come volontaria nei servizi sociali.
Per sé non voleva niente.
“Padre, sia fatta la tua santa e divina volontà e non la mia” – ripeteva sempre nei momenti più difficili.
Lei non poteva ricordarsi della sua natura di ninfa e quando iniziarono a formarsi delle venature bluastre sulle sue gambe bianchissime e diafane pensò che si trattassero di varici, ma era la linfa che scorreva insieme al sangue nel suo corpo.
Bisogna sapere che le ninfe non hanno solo natura animale, ma anche vegetale e questo le porta, anche se incarnate in fanciulle, a far emergere la loro natura, sia pur lievemente accennata.
Anche le ginocchia avevano un qualcosa che ricordava la scorza delle betulle, ma lei pensava che questo dipendesse dal fatto che pregava molto in ginocchio o in vajrasana.
Ma queste trasformazioni la facevano sentire a disagio e per questo cominciò a coprirsi le gambe con foulard colorati fino alle caviglie.
Un giorno, meditando in un bosco al limitare del villaggio le si fece incontro una strana creatura. Alta, con i capelli color delle foglie autunnali del faggio, gli occhi verdi clorofilla, la pelle chiara color legno di bosso.
Era vestita con una lunga tunica decorata a fiori e foglie bellissimi che sembravano veri.
“Sei stupefatta, ma non temere. Sono una ninfa del bosco, una driade, e mi ha inviato nostro padre Oyser. Anche tu sei una ninfa nonostante ti sia incarnata nella razza umana per aiutarla nel lungo percorso di redenzione che deve fare a seguito dei danni che ha provocato ai suoi fratelli di tutte le razze e a questo ormai ammalato e dolente pianeta. Oyser mi ha riferito di dirti che hai superato le prove più dure con eroismo e che ora, consapevole di chi sei veramente, puoi iniziare un nuovo lavoro per sviluppare la consapevolezza umana.”
All’inizio Paula pensò di aver sognato ad occhi aperti, ma una volta a casa cercò di trovare i segni di vita vegetale su lei stessa.
Si spogliò di fronte allo specchio della sua modesta cameretta e notò con occhi nuovi la sua pelle bianchissima e levigata, percepì la corteccia che si intravedeva sotto le ginocchia, i vasi linfatici che scorrevano, leggermente bluastri in tutto il corpo, appena sotto alla pelle.
Il Monte di Venere, anch’esso di aspetto vegetale, ma più liscio era ricoperto di una peluria che ricordava il muschio dei boschi autunnali.
L’ombelico aveva l’aspetto di un nodo in un tronco di quercia.
I seni, piccoli e turgidi, di un bianco leggermente sfumato di verde portavano al centro capezzoli che ricordavano nel colore e nell’aspetto le roselline selvatiche.
La bocca come due petali di rosa e gli occhi…meraviglia! Erano Non ti scordar di me con stami dorati intorno alla pupilla.
Paula pianse di gioia. Abbandonò tutte le ansie e le angosce che aveva sopportato lungo la sua vita. Ora cominciava a capire.
Ecco perché non aveva rughe ed i suoi capelli non diventavano bianchi!
Lei viveva dell’essenza delle ninfe dei prati!
E ora al lavoro con più lena!
“Incontriamo persone, esseri viventi figli di altri esseri viventi per aiutarli in un percorso di consapevolezza.
Iniziamo proprio dall’alimentazione per eliminare la violenza da tutti i cuori.”
Era felice, non pensava più a se stessa e cominciò da subito ad organizzare incontri, conferenze, congressi con medici, naturopati e nutrizionisti esperti di alimentazione naturale.
Incrementò pure le meditazioni e le preghiere per noi esseri umani.
Nel mio peregrinare in Italia e altrove per favorire un’alimentazione sana, etica e non violenta come base della crescita di tutta l’Umanità, ho avuto la meravigliosa opportunità di incontrarla e di collaborare con lei.
Varie volte nei miei libri ho parlato di incontri con donne e uomini straordinari.
Ma questa volta ho incontrato una ninfa straordinaria.
La mia ninfa ispiratrice!
Vasco Merciadri