Superiorità alimento vegetale | Racconto (Capitolo 7)


Ecco un estratto dal racconto “Superiorità alimento vegetale” di Vasco Merciadri, dove l’autore ripercorre episodi significativi della sua vita che lo hanno portato a una profonda riflessione sulla violenza e il rispetto per gli esseri viventi. Partendo dall’infanzia segnata dalle esperienze di macellazione degli animali, Merciadri narra il suo percorso di trasformazione verso una consapevolezza etica e scientifica che lo condurrà all’adozione di una dieta priva di alimenti di origine animale. Un viaggio interiore che mette in luce la connessione tra le scelte alimentari, la salute personale e il benessere del pianeta.

Estratto del racconto “Superiorità alimento vegetale”.

Capitolo 7 – Considerazioni etiche e scientifiche sull’alimentazione umana

Quando avevo all’incirca tre anni mi giunse voce che il vicino di casa avrebbe ucciso il maiale. Allora in genere le famiglie, almeno in campagna, uccidevano il maiale prima di Natale e ne facevano bistecche e salumi. Questi ultimi sarebbero durati tutto l’anno.

Mi intrufolai tra gli adulti che si accingevano all’uccisione e quindi alla macellazione dell’animale, che si sarebbe compiuta nei pressi del corso d’acqua del paese: la gora. Quattro uomini presero il maiale. Ognuno ne teneva una zampa. Poi il norcino piantò un punteruolo nel cuore della povera bestia, che iniziò a urlare e a dimenarsi. Il norcino, intento nel suo lavoro, iniziò a girare lentamente il punteruolo conficcato nel cuore perché uscisse tutto il sangue, che veniva raccolto in un recipiente.

Rimasi sconvolto. Mi tappai le orecchie ed iniziai a correre con quelle grida strazianti nel cervello e mi fermai solo dall’altro lato del paese, sempre continuando a sentire, o forse a immaginarmi, ma in modo forte e chiaro, le urla della povera bestia. L’orrore e la violenza fecero repentina comparsa nella mia vita. Niente sarebbe stato più come prima. Fino ad allora avevo avuto istintivamente la visione di un mondo di amore e di rispetto per gli altri e per la vita, ma questa ferocia sconvolse tutte le mie credenze.

Per notti e notti continuai a sentire le urla del maiale. Non riuscivo a dormire. Avevo la sensazione che lo stessero ancora torturando. Ero ignorante di tutto, essendo così piccolo, ma la violenza cui avevo assistito aveva lasciato un marchio indelebile nel mio sé più profondo.

“Papà, perché si fanno soffrire e si uccidono gli animali?”

“Sono stati creati dal buon Dio per ucciderli e per potersi nutrire delle loro carni. L’importante è non farli soffrire inutilmente. Ma ora mangia, la carne si raffredda e non bisogna sprecarla. Purtroppo molti poveri non ne hanno a sufficienza. Se vuoi crescere sano e forte devi mangiarne molta. Così puoi diventare robusto come un lupo o un leone. Altrimenti potresti ammalarti di tubercolosi.”

Il fuoco lentamente si spegne, le nostre profonde sensazioni si ottundono, ti adegui a seguire la corrente. Del resto così fan tutti!

Quando avevo circa 6 anni mio padre portò in casa un coniglietto, in quanto la sua mamma non lo curava. Quindi fu tolto dalla conigliera e ospitato con noi. Grande gioia per me, per il mio fratellino di due anni più piccolo e per tutti gli amichetti. Chiamammo il coniglietto “Bigino” e giocavamo molto con lui. Era felicissimo di stare con i miei compagni ed eravamo entrati in sintonia. Ormai faceva parte del gruppo di gioco di noi bambini. Era molto allegro e si adattava perfettamente ai giochi che facevamo. A distanza di tempo posso dire che aveva un’intelligenza spiccata, proprio come fosse un cagnolino. Poi un brutto giorno, una volta cresciuto, fu rimesso nella conigliera, da cui uscì solo per finire alla griglia. Una società umana che ti induriva e ti indurisce il cuore. L’animale come oggetto. Una visione schizofrenica del mondo, dove l’unico male è quello nei confronti dell’Essere Umano. L’ambiente e gli altri esseri viventi possono essere uccisi o perseguitati a nostro piacimento.

Crebbi, divenni adolescente e cosa di meglio per divertirsi che sparare ai ranocchi e alle lucertole con la carabina a piumini? Spesso i ranocchi morivano dopo alcuni giorni di agonia. Ma la coscienza era ormai obnubilata dalla cultura e dall’educazione dominante e mai mi mettevo nei panni dei poveri animali. Gioco ambito ed “emozionante”. Addirittura il vicino di casa, sempre con il fucile da caccia in mano, sparava pure a pipistrelli e rondini, animali da sempre protetti, proprio per il gusto di uccidere. E la morte della rondine significava la morte di fame dei rondinotti nel nido…

Il culmine fu quando, da ragazzo, nella ex Yugoslavia, precisamente nell’isola di Cherso, allora selvaggia e in gran parte incontaminata, un vecchio pastore mi pregò di aiutarlo nell’uccisione e nella macellazione di un caprone.

“Non sei studente di medicina? Quindi devi essere in grado di aiutarmi.”

Mi accinsi quindi a fare l’aiuto macellaio. Gaudenzio, così si chiamava il pastore, legò le zampe posteriori del caprone ad un palo di legno, nella parte alta, in modo che l’animale, tra l’altro decisamente robusto, penzolasse con la testa in basso. A quel punto, con un coltellaccio lo giugulò, come si dice in gergo professionale: gli tagliò la trachea e le vene giugulari. Il sangue sgorgava copioso e spumeggiante ed io lo raccoglievo in un grosso recipiente. Una volta dissanguato, il caprone che fino ad allora era stato apparentemente tranquillo, ebbe alcune contrazioni tonico-cloniche a carico di tutta la muscolatura e morì. Quindi passammo dapprima allo scuoiamento, poi all’eviscerazione ed in ultimo alla decapitazione dell’animale.

Cercavo di vedere l’aspetto culturale della vita e delle tradizioni dei pastori, per quanto arcaiche e feroci fossero, cercando di giustificarne l’uccisione. Ma in fondo in fondo qualcosa non tornava e soprattutto sentivo inquietudine per quello che avevo fatto. La brace arde sotto la cenere fino a quando un incontro, un avvenimento, un pensiero improvviso la ravviva: il fuoco si manifesta nuovamente con tutto il suo ardore e costringe ad assumere le proprie responsabilità. La visione dominante crea una spessa corazza che ti offusca la coscienza, che ti rende uno zombie spirituale, che ti porta lentamente ad accettare qualsiasi violenza come inevitabile, che porta addirittura a farti considerare le guerre come qualcosa di ineluttabile. Terribili, ma inesorabili. L’essere umano è cattivo e solo Dio potrà perdonarlo. Del resto è sempre stato così. Le varie religioni ci scusano con il peccato originale o altre simili amenità. Non è colpa nostra. Tanto poi discenderà una divinità dal cielo e metterà tutto a posto. Apocalissi e veggenti vari ce lo ricordano da sempre. Tanto siamo cattivi e solo Dio è buono…

“Ma attenzione”, recita ogni religione: “il Dio vero è il mio. Quello delle altre è falso e bugiardo. Solo io posso salvarti. L’importante è avere fiducia e soprattutto pagare l’obolo al sacerdote”.

E tutti continuano a vagare qua e là per il mondo come zombie resi inconsapevoli, dietro a problematiche spesso di nessuna importanza. Tanto si deve morire e se ci siamo comportati “bene” rispettando i precetti andremo in paradiso o nel nirvana. Se poi abbiamo mancato di rispetto alla vita o ad altri esseri pazienza! Dio ci perdonerà!

Avevo quasi trent’anni quando trovai persone che si rifiutavano di mangiare carne e pesce per non generare violenza e per mantenersi in salute. All’inizio mi sembrarono dei pazzi. Come osavano mettere in dubbio l’importanza dei grassi e delle proteine di origine animale? Semplicemente follia! A quei tempi non conoscevo niente di igienismo, di alimentazione naturale o di terapia con la dieta equilibrata o il digiuno. Ero un classico medico riduzionista, come del resto ci forma l’università, che insegna ad applicare protocolli terapeutici “sperimentati” e a rigettare tutta l’antica tradizione medica come fosse un insieme di superstizioni e stupidaggini.

Ma questa volta cercai di ragionare al di là delle credenze “scientifiche” e mi misi in discussione. Addirittura un naturopata (allora erano molto rari) ebbe a dirmi che la mia preparazione medica era totalmente carente, perché non conoscevo niente della prevenzione. Che la prevenzione non era costituita da check up, esami radiologici o ematochimici, senz’altro importantissimi per la diagnosi precoce delle malattie, ma in nessun modo preventivi. La prevenzione viene prima. È ciò che non ci fa ammalare.

Allora in effetti si parlava molto poco di tutto questo. Le malattie si possono evitare iniziando da quello che mettiamo nel piatto. Non sono ineluttabili. E da lì, con titubanza e frequenti ripensamenti, iniziò una nuova fase della mia formazione professionale. Mettersi sempre in discussione, mai accettare niente come definitivo. Del resto questo è la base del vero pensiero scientifico. Ampliare le nostre visioni scientifiche ci fa sempre fare un passo avanti.

Iniziai quindi a riprendere in mano testi di biologia, anatomia comparata, fisiologia e giunsi ad una conclusione che al momento mi sconcertò: l’essere umano non è fisiologicamente idoneo a nutrirsi di prodotti di origine animale. I dati scientifici erano inoppugnabili. Eppure tutti noi medici studiamo per anni e mai vediamo questa verità che ci attende dietro l’angolo. La tradizione, il “si è sempre fatto così” ci offusca, ci devia dal pensiero lucido, e questo accade in tutti i campi. Scienza e medicina compresa.

Un esempio. Circa un anno fa mi recai a Villa Vrindavana, vicino a San Casciano Val di Pesa. Una bellissima struttura rinascimentale con un giardino fantastico, ricco di rari fiori variopinti con pavoni che fanno ovunque la ruota ed un ampio panorama sulla valle sottostante. Un tempio dedicato alle divinità indiane ricco di tradizioni e vere opere d’arte. Inoltre un rinomato ristorante vegano con ottimi e saporiti piatti naturali. Il luogo ideale per golosi come me! L’interno della villa ospita un museo della storia indiana ed è arricchito con bellissimi affreschi della mitologia indù. Tra le altre mi colpì una pittura che rappresentava Devaki che, ancora vergine, concepisce Krishna, incarnazione di Vishnu, sotto l’effetto dei raggi solari.

Improvvisamente mi resi conto che il nostro cicerone, che ci spiegava la mitologia indiana attraverso la visione degli affreschi, credeva realmente a questa nascita verginale. “Come può credere a questo?”, chiesi stupito a me stesso. Poi subito dopo pensai: “Ma anche i cattolici credono ad una nascita verginale grazie all’azione dell’Arcangelo Gabriele!”. Tra l’altro la tradizione cattolica è di almeno cinquecento anni più tarda! Ma a nessuno di noi viene in mente che tutto ciò non abbia una base razionale, al punto che molti scienziati occidentali credenti in una nascita verginale mettono ad esempio in dubbio l’efficacia dell’omeopatia, nonostante la conoscenza di quest’ultima (sia teorica, sia statistica) sia stata ampiamente dimostrata dagli odierni studi scientifici.

La scienza non è assoluta, bensì è figlia del suo tempo e della cultura in cui si sviluppa. Galileo fu condannato dai benpensanti e dai professoroni dell’epoca. Se si accetta acriticamente qualsiasi assioma, la conoscenza risulta gravemente distorta. Se accettiamo che la Bibbia o altre Sacre Scritture stiano alla base della conoscenza e della civiltà, iniziando proprio dai progressi scientifici e tecnologici, piombiamo nel medioevo più oscuro e distruggiamo tutti i diritti civili. Molti testi religiosi erano all’avanguardia quando furono scritti migliaia di anni fa, ma anche i libri, per quanto sacri, invecchiano! E poi ognuno se li interpreta a proprio piacimento. Pensate che ci sono almeno 2500 sette che basano le proprie convinzioni religiose, sociali e civili sulle Sacre Scritture giudaico-cristiane! E questo, in un mondo sempre più globalizzato, crea problemi di incomprensione e ostilità fra popoli e nazioni. Facciamo attenzione.

E lo stesso accade per l’alimentazione. Del resto si è sempre fatto così. Abele sacrificava gli agnelli a Jahvè, gli antichi Ebrei festeggiavano il Pesah, la Pasqua, mangiando l’agnello. E oggi lo fanno pure i Cristiani, dimenticandosi che tutti gli apostoli di Cristo si astenevano dalla carne, come riporta Eusebio di Cesarea, Dottore della Chiesa. Essi predicavano il rispetto per tutti gli esseri viventi, animali compresi. Quindi non mi restava, come medico e uomo di scienza e di cultura, che abbracciare un’alimentazione che non contemplasse l’uccisione di animali. Successivamente, proseguendo gli studi sulla fisiologia umana e coerentemente con la mia scelta etica, decisi di eliminare qualsiasi alimento di origine animale. Dal punto di vista etico, infatti, la produzione di latte tramite mucche continuamente ingravidate con sistemi artificiali, a cui viene tolto il vitellino appena nato per avviarlo al macello, era ormai intollerabile e contro i miei principi. Animali che vivono tutto l’anno incatenati e attaccati alla mungitrice automatica, senza un minimo spazio all’aperto, su pavimenti di cemento, nutriti con fiocchi di mais e di soia OGM e spesso rimpinzati di anabolizzanti e antibiotici.

Quindi stop a latte e formaggi, e stop alle uova, visto che anche la produzione di queste ultime porta le galline ovaiole a terribili sofferenze. Queste sono costrette in piccolissimi spazi senza potersi muovere ed aprire le ali. Inoltre tutti i pulcini maschi, che ovviamente non possono deporre le uova, sono soppressi alla nascita in maniera aberrante: vengono uccisi attraverso l’uso di gas letali o, peggio, tritati vivi nel tritacarne. Incredibile, ma vero: per chi non ci credesse, esistono in rete numerosi filmati che lo attestano. Una specie di strage degli innocenti, sia pur animale. No, per la mia salute, per la salute dei miei cari, per l’ambiente e per gli animali non potevo più nutrirmi di questi alimenti. La considerai una scelta inevitabile. Scelta che, a mio avviso, chiunque abbia rispetto per il proprio corpo, per il pianeta e per gli animali che lo popolano, dovrebbe compiere.

Se questo estratto ti ha incuriosito e desideri leggere il libro completo, contatta Vasco Merciadri tramite email vasco.merciadri@gmail.com per richiederne una copia.